Hai un minuto? Le conversazioni più difficili sono quelle che ci somigliano
- Nicola Arnese
- 18 apr
- Tempo di lettura: 2 min

A volte, parlare con qualcuno è come camminare su un pavimento che scricchiola.
Senti che c’è qualcosa che non va, ma nessuno lo dice. Le parole sono gentili, ma l’aria è tesa. Succede tra amici, succede in famiglia, succede anche in ufficio.
Una volta, in riunione, un collega prese una decisione senza consultare il team.
Un altro si sentì tagliato fuori. Non lo disse subito. Ma nei giorni dopo, ogni scambio era un po’ più freddo. Non era solo una questione di ruoli. Era una questione di fiducia.
Ecco il punto: le conversazioni difficili non sono difficili perché non sappiamo parlare.
Lo sappiamo fare. Sono difficili perché ci toccano dentro. Più di quanto vorremmo.
Douglas Stone, che le studia da una vita, dice che in quei momenti non stiamo facendo una sola conversazione, ma tre. Tutte insieme.
La prima è su cosa è successo davvero.
Tu vedi una cosa, l’altro ne vede un’altra. E ognuno è convinto di avere ragione.
La seconda è quella dei sentimenti. Che magari non diciamo, ma si vedono negli occhi o si sentono nel tono.
La terza è la più invisibile: è quella sull’identità.
“Ce l’ha con me?” “Non valgo abbastanza?” “Ho sbagliato tutto?”
E lì, anche se fuori restiamo calmi, dentro si alza un muro.
Come si fa, allora?
Si parte da una cosa semplice: la curiosità. Chiedere: “Come l’hai vissuta tu?”
Poi si ascolta. Sul serio. Non per rispondere, ma per capire.
Si parla in prima persona: “Io mi sono sentito escluso” è diverso da “Tu non rispetti mai nessuno”.
E, soprattutto, si accetta un po’ di disagio.
Dire: “Non so bene come dirlo, ma ci tengo” è già un inizio.
La vulnerabilità non è una debolezza. È il contrario. È fiducia.
Le conversazioni difficili fanno paura.
Ma spesso sono proprio quelle che ci fanno crescere. Non risolvono tutto, è vero.
Ma aprono spiragli. E a volte, basta quello.
Le conversazioni difficili non si risolvono con una formula magica. Ma si possono affrontare con più presenza, ascolto e umanità. A volte basta cambiare il modo in cui entriamo in dialogo per cambiare anche il risultato.
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