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C’era una volta un tacchino

  • Writer: Nicola Arnese
    Nicola Arnese
  • Jul 19
  • 2 min read
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C’era una volta un tacchino che teneva il conto. Ogni giorno, alla stessa ora, arrivava il contadino con una bella ciotola piena. E il tacchino, diligente, annotava mentalmente: “Anche oggi si mangia.” Passò un giorno. Poi due. Poi trenta. Dopo un po’, il tacchino cominciò a sentirsi al sicuro. “Qui funziona così: ogni giorno cibo. È una regola.”


Poi venne la vigilia di Natale.


Bertrand Russell la raccontava così, questa storiella. Ma non ce l’aveva col tacchino. Ce l’aveva con quell’idea che abbiamo noi umani, che se una cosa succede spesso, allora continuerà a succedere. Che se il passato è stato gentile, anche il futuro lo sarà. Che le abitudini sono leggi della natura.


E invece no.


Capita a tutti. Non solo ai filosofi e ai pennuti. Succede quando accendiamo il caffè mentre ancora abbiamo gli occhi chiusi. Quando diciamo “tanto lo so già cosa penserà”. Quando rispondiamo a qualcuno prima ancora che finisca la frase, perché “lui è fatto così”.


La chiamiamo esperienza. E in effetti lo è. Ma a volte è come usare una mappa vecchia in una città che ha cambiato le strade. Ci muoviamo con sicurezza, certi della direzione, e intanto giriamo in tondo senza accorgerci che il mondo, nel frattempo, ha cambiato percorso.


Forse il punto è proprio questo: il presente non ha nessun obbligo di somigliare a ieri. Magari oggi succede qualcosa che non avevamo previsto. Magari quella persona che ci sembrava sempre chiusa ci sorprende con una domanda gentile. Magari siamo noi a dire una frase diversa dal solito, senza accorgercene.


Ma se stiamo già leggendo il copione di ieri, tutto questo passa inosservato. E resta solo la sensazione che “niente cambia mai”.


Forse a storiella del tacchino è se vogliamo, un piccolo invito alla curiosità. Un modo per dire: “Non dare nulla per scontato, neanche le cose più familiari.” Che poi, a ben vedere, sono proprio quelle che smettiamo di guardare con attenzione.


Chissà, magari oggi il treno arriva in orario. Magari il silenzio di qualcuno non è scortesia, ma timidezza. Magari la cena che stai preparando prende una piega diversa e buona, solo perché ti sei concesso di cambiare una spezia.


Il punto è accorgersi. È essere lì. È dire “vediamo”, invece di “so già”.


A volte, smettere di prevedere è il primo passo per vedere davvero. Fermati un attimo, ascolta, assaggia: c'è forse qualcosa che prima non avevi notato.

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Nicola Arnese | L2 ICF Certified Coach  |  n.arnese@gmail.com

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