Là dove il mare tace e le parole si fermano
- Nicola Arnese
- 5 giorni fa
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Ogni mattina, prima dell’alba, Antonio lascia il porto con la sua barca a remi. Ha 62 anni, un viso bruciato dal sole e le mani che sanno di sale. Fino a qualche anno fa aveva un motore.
Ora no. L’ha venduto.
“Faceva troppo rumore. E io non lo sopportavo più.”
Il mare è lo stesso, ma Antonio ci entra in un altro modo. Remando piano, ascoltando. Dice che prima sentiva solo il ronzio del motore e le proprie maledizioni. Ora sente i gabbiani, le onde, e soprattutto il proprio respiro.
“Quando smetti di fare rumore, il mare ti parla.”
Antonio ha fatto il pescatore per quarant’anni. Ha visto cambiare tutto: i pesci più rari, le barche più grosse, i turni più lunghi. “Eravamo in cinque sul molo, ora siamo rimasti due.” Quando ha avuto un infarto, tre anni fa, ha capito che doveva cambiare. Non tutto. Ma qualcosa.
Ha tolto il motore. Ha ridotto le uscite. Va solo al largo, quando il mare è calmo. Pesca poco, solo quello che serve. Poi rientra, con calma.
“Non guadagno come prima. Ma mangio meglio. Dormo meglio. Vivo meglio.”
Alle 6 del mattino, Antonio è già in mezzo alla baia. Non parla. Non canta. Non manda messaggi. Prende il largo in silenzio. Aspetta. Guarda. Lancia la rete con un gesto lento. Poi aspetta ancora.
“Il silenzio ti cambia il tempo. Ti accorgi che la fretta è un’invenzione.”
Rientra a metà mattina. Vende tre orate a un ristorante, regala due triglie a una vicina, tiene un polpo per sé. A casa cucina da solo, senza radio.
La televisione è spenta da mesi.
“Mi piace sentire il rumore dell’acqua che bolle.”
Antonio non è un poeta. Non è neanche un tipo malinconico. Parla poco, dice cose semplici. Ma ogni parola pesa.
“Non voglio tornare indietro. Voglio solo andare più piano.”
Antonio non sa se continuerà ancora per molto. “Le braccia iniziano a pesare.” Ma per ora non cambia.
“Quando mi fermerò, spero che qualcuno prenda la barca. Non per fare soldi. Per sentire com’è bello quando il mare ti risponde.”
Lo dice senza retorica. Come una constatazione.
Il silenzio è il momento in cui qualcosa finalmente torna al suo posto. Come una rete che si tende senza rumore, e torna piena. Anche solo di senso.
Ci sono momenti in cui togliere qualcosa vale più che aggiungere. Il motore di Antonio, la radio in cucina, la fretta nei pensieri. Ogni scelta diventa un atto di cura, un modo per tornare a sé. E se il silenzio fosse davvero il punto di partenza per ascoltare ciò che conta?
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